nel tardo pomeriggio di quest'ultima giornata di maggio sarebbe stato premiato il vincitore del Giro d'Italia, ma il Corona virus ha scombinato i piani del 2020. In ottobre, se tutto andrà bene, i ciclisti dovrebbero correre la corsa rosa, così magari potrò festeggiare il mio compleanno andando dalle transenne a vedere una tappa ;) Nel frattempo ho ristabilito una nuova routine in base alle regole della fase 2 per fronteggiare il Covid-19, quindi vado a fare la spesa e la passeggiata di salute, anche se la mascherina sta diventando fastidiosa, soprattutto adesso che sta aumentando il caldo. Per il resto della giornata spulcio gli annunci di lavoro, visto che il mese scorso, per l'esattezza il 27 aprile, ho conseguito tramite una videoconferenza la laurea magistrale in scienze pedagogiche. In attesa di un futuro migliore, dato che senza studiare qualcosa non ci riesco a stare, ho scoperto alcuni esercizi di scrittura creativa per mettermi alla prova. Qualche giorno fa dovevo svolgerne uno che mi chiedeva di scrivere un racconto breve con tre possibili finali. Al termine dell'esercizio è venuta fuori una storia carina, che volevo proporvi ma non sapevo quale conclusione fosse più adatta. Allora ho pensato, visto che è un racconto dedicato ai miei lettori, perché non coinvolgerli e fare scegliere a loro come deve finire la storia, intitolata "Cosa ti aspetti?"?! Se foste interessati a partecipare, dovrete leggere l'incipit e i tre possibili finali. Dopodiché potete lasciarmi un commento, nel quale potete scrivere solo il numero del finale che più vi piace, così fra due domeniche, ossia il 14 giugno, posterò il racconto "Cosa ti aspetti?" con il finale scelto da voi. Ora non mi resta che lasciarvi con l'immagine raffigurante i simboli, associati ai tre finali, e il racconto... Buona lettura e buona scelta! :)
La
prima volta che Lucia vide Sebastiano capì di non avere niente in
comune con lui. I suoi modi di fare, ovvero dare pacche sulle spalle
a tutti e fare l’occhiolino alle donne, glielo resero ancora più
antipatico. Lucia, però, doveva sopportare in silenzio, visto che
Sebastiano era il suo capo da un paio di mesi. Da quando il signor
Ernesto svenne e venne ricoverato per un infarto. In ufficio tutti
erano convinti che a succedergli sarebbe stata Lucia, dato che da
vent’anni era il suo braccio destro, prima come segretaria e dopo
la laurea come vice direttore.
Invece
il consiglio dell’azienda, presieduto dall’intera famiglia
Freccine, aveva deciso che il sostituto di Ernesto fosse il suo unico
figlio. Lucia era risentita per lo scarso interesse dimostratole dopo
gli anni di duro lavoro e questo risentimento era aumentato, quando
aveva visto il viso abbronzato e i lunghi capelli biondi di
Sebastiano. Da indiscrezioni aveva scoperto che il nuovo direttore
tra un salto e l’altro sul surf aveva lavorato per una start-up
nella Silicon Valley e non aveva esitato a mollare il suo incarico
per rientrare in Italia dopo l’infarto del padre. Questo
comportamento aveva migliorato il parere di Lucia nei confronti di
Sebastiano, anche se continuavano a infastidirla i suoi modi
sfacciati, le sue camice hawaiane colorate, i bermuda con palme o
varie fronde e le infradito della Birkestock.
In
una giornata negativa in borsa i titoli dell’azienda Freccine erano
colati a picco, facendo vivere momenti di terrore nell’ufficio.
Lucia era corsa da Sebastiano per incoraggiarlo a convocare
urgentemente un consiglio per decidere come comportarsi in quella
situazione. Sorseggiando il suo latte di cocco, Sebastiano la
tranquillizzò:
«Non
ti preoccupare, Lucia. Non c’è bisogno di convocare il consiglio,
perché domani mattina attiveremo la stessa procedura che ha permesso
alla Worderful
Rainbow
di recuperare e guadagnare tantissimo agli inizi della start-up».
Lucia,
aggrottando la fronte, cercò di replicare, ma lui la rassicurò:
«Vedrai
domani andrà tutto bene».
Sebastiano
le strizzò la palpebra destra e bevve tranquillo il suo latte di
cocco. Indignata Lucia uscì dall’ufficio sbattendo tutte le porte
che le si paravano davanti. Non aveva sbagliato a reputarlo un
borioso pallone gonfiato figlio di papà. Avrebbe dovuto avvisare il
consiglio, invece di decidere senza concordare con gli altri
componenti dell’azienda. Lucia rimuginò a lungo sull’atteggiamento
e sul modo di essere di Sebastiano, anche mangiando il gelato al
cioccolato seduta sul divano del suo monolocale.
Il
giorno seguente Sebastiano riunì gli impiegati e Lucia, organizzando
l’intensa giornata lavorativa che li avrebbe attesi per recuperare
le perdite del giorno prima. La borsa aprì e l’azienda Freccine si
impegnò a svolgere tutti i passaggi proposti da Sebastiano. Alle
diciotto le trattative finanziarie cessarono e i titoli recuperarono
le perdite, permettendo all’azienda addirittura un guadagno del tre
per cento. Esausti ma soddisfatti i dipendenti festeggiarono, mentre
Lucia raccolse le sue cose e uscì.
Finale
1
Non
riusciva a sopportare oltre quei festeggiamenti e soprattutto la
spavalderia di Sebastiano, che aveva chiesto alla segretaria di
ordinare diverse bottiglie di spumante. Era proprio vero che i figli
di papà ce l’avevano tutte vinte, oltre ad una fortuna sfacciata.
Se fosse successa situazione del genere a lei, il consiglio sarebbe
immediatamente intervenuto. Inoltre se avesse avuto un atteggiamento
simile a quello di Sebastiano, l’avrebbero addirittura licenziata.
Lucia sbloccò la sua Renault Twingo e aprì la portiera, quando
Sebastiano uscì dal palazzo. La raggiunse ciabattando con le sue
infradito, chiedendole con la fronte corrugata:
«Lucia,
perché te ne vai senza festeggiare il nostro successo?»
«Non
c’è niente da festeggiare!» replicò lanciando la valigetta nei
sedili posteriori.
Sebastiano
arricciò ulteriormente la fronte domandandole:
«Perché
dici così?»
Lucia
lo guardò furiosa e mettendo le mani sui fianchi affermò:
«Perché
sei stato un irresponsabile! Avresti dovuto convocare il consiglio e
non decidere tutto da solo!»
«Bé,
è andato tutto bene».
«Ma
se fosse andata male? Se le manovre finanziarie non avessero avuto
esito positivo, avresti fatto crollare l’azienda!» lo rimproverò
con l’indice puntato su di lui.
Sebastiano
si fece serio e le ricordò:
«Bé,
queste scelte sono dei rischi che il direttore di un’azienda deve
correre. Per questo mi sono assunto tutte le responsabilità e, se
avessi fallito, avrei fatto in modo di comunicare i risultati al
consiglio per trovare un’altra soluzione. Non mi pare di essere
venuto meno al mio ruolo di direttore».
Lucia
si irrigidì alle parole dell’uomo, che le ricordavano il suo posto
nell’azienda e il fatto di non essere lei la direttrice. Aveva
perso vent’anni della sua vita per raggiungere quel ruolo e ora a
trentotto anni era allo stesso punto di partenza. Anzi la possibilità
di diventare la direttrice della Freccine si allontanava sempre di
più, perché Sebastiano era un vero osso duro e lei non sarebbe
stata in grado di sopportare oltre di lavorare con lui. Lucia inspirò
ed esplose furiosa:
«Sai
cosa ti dico?! Io me ne vado, anzi mi licenzio!»
Sebastiano
spalancò bocca e occhi, mentre Lucia entrò in auto sbattendo la
portiera e con una rapida manovra sgommò via.
Finale
2
Si
sentiva sempre in imbarazzo in quelle situazioni. La maggior parte
degli impiegati li conosceva da anni, tanto da aver partecipato a
compleanni e matrimoni di alcuni di loro. Solo che la sua timidezza
le impediva gli slanci di affetto che Sebastiano dispensava a tutti,
come in quel momento che aveva ordinato lo spumante per tutti. Forse
era questo l’atteggiamento giusto per essere un buon leader. Lucia
sollevò le labbra in un mezzo sorriso, mentre sbloccava le portiere
della sua Renault Twingo. Alzando lo sguardo notò Sebastiano, che a
grandi passi la raggiunse chiedendole:
«Lucia,
perché te ne vai senza festeggiare il nostro successo?»
Lei
guardò le sue profonde iridi pervinca e gli confessò con le mani
poggiare sulla parte alta dello sportello:
«Perché…perché
in queste situazioni così festose mi sento sempre come…un pesce
fuori dall’acqua».
«Ma
non devi! – esclamò con un sorriso Sebastiano e spingendo la
portiera le disse – Sai cosa ti ci vuole?»
Lucia
fu costretta a scostarsi e, quando lo sportello venne chiuso, gli
chiese aggrottando la fronte:
«Di
cosa avrei bisogno?»
Sebastiano
le appoggiò una mano sulla spalla e, sospingendola verso l’uscita
del parcheggio, le rispose:
«Hai
bisogno di fare due chiacchiere».
«Dici?»
«Certo!
Si vede lontano un miglio che sei stressata e da tempo non ti fermi
mai, perché sei troppo presa dal lavoro in azienda. Forse sbaglio?»
le domandò guardandola un frangente negli occhi, prima di spostare
lo sguardo sulla strada.
Attraversando
sulle strisce pedonali, Lucia rifletté sulla domanda di Sebastiano.
In effetti in vent’anni di lavoro, come segretaria e poi come vice
del signor Ernesto, non aveva avuto molto tempo per lei. Inoltre a
trentotto anni si ritrovava da sola senza amici, che negli anni si
erano allontanati per le sue continue assenze. Sebastiano la riscosse
dai suoi pensieri esortandola, con la mano a indicarle la sedia del
tavolino del bar:
«Allora
non mi hai risposto».
Lucia
si accomodò e ammise:
«È
da tempo che non parlo con un amico».
Sebastiano
le rivolse un luminoso sorriso e allargando le braccia esclamò:
«Ecco
l’amico con cui sfogare lo stress e le tue frustrazioni!»
Lucia
ridacchiò per il modo di fare gioviale dell’uomo. Dopo essere
stati serviti dal cameriere con due bicchieri di Aperol, Lucia iniziò
a raccontare, mentre Sebastiano non perdeva una sua parola dandole
consigli all’occorrenza.
Finale
3
Aveva
dovuto abbandonare la festa perché il cuore aveva iniziato a battere
forte dopo anni. Quel batticuore non era dovuto al successo delle
trattative finanziarie, ma ad una persona che, con i suoi modi
gentili ed affettuosi, aveva fatto breccia nei cuori dei dipendenti e
anche nel suo. Lucia sbloccò la sua Renault Twingo, pensando
all’ennesima generosità di Sebastiano che aveva offerto lo
spumante a tutti per quella piccola conquista aziendale. Aprendo la
portiera si accorse dell’oggetto dei suoi pensieri, che a grandi
passi si avvicinava con i lunghi capelli biondi, svolazzanti per la
brezza serale. Sebastiano si fermò davanti a lei e le chiese:
«Lucia,
perché te ne vai senza festeggiare il nostro successo?»
Lucia
deglutì perdendosi nelle profondità delle sue iridi pervinca e
abbassando lo sguardo rispose:
«Perché…perché
mi sentivo in imbarazzo».
Lui
corrugò la fronte e, spingendo la portiera, insistette:
«Perché
dovresti essere in imbarazzo?»
Alzando
gli occhi Lucia notò l’intenzione di Sebastiano di chiudere lo
sportello dell’auto, così si scorse per consentirglielo. Lucia
iniziò a respirare a fatica, perché la sua vicinanza la stordiva.
Aveva trentotto anni, ma in tutta la sua vita non si era mai sentita
in quella maniera, ovvero con il cuore palpitante, il respiro
affrettato e un senso di vertigine. Lucia barcollò, così Sebastiano
le afferrò le braccia, domandandole con gli occhi che cercavano i
suoi:
«Ti
senti bene?»
Appena
Lucia sollevò le sguardo e incontrò le iridi pervinca dell’uomo,
dovette appoggiarsi alla carrozzeria dell’auto per non cadere. Con
la fronte aggrottata Sebastiano scrutò i suoi occhi e Lucia capì
che per la prima volta stava provando il sentimento dell’amore, di
cui aveva sempre sentito parlare ma che lei non aveva ancora avuto
l’onore di conoscere. La fronte di Sebastiano si distese e le sue
labbra si sollevarono in un sorriso luminoso, mentre le iridi
pervinca brillarono con guizzo malizioso. Lucia deglutì con il cuore
palpitante, intanto Sebastiano avvicinò il viso al suo e, quando le
loro labbra furono a pochi centimetri, le confessò:
«Lo
sai che, la prima volta che ti ho vista così impettita e rigida, ho
pensato che fossi una tizia noiosa e antipatica. In questi mesi,
vedendoti dare anima e corpo per l’azienda, ho capito che invece
sei una donna passionale».
«D…davvero?»
balbettò deglutendo subito dopo.
Sebastiano
annuì con il capo e molti capelli gli scivolarono davanti al viso,
accarezzando le guance di Lucia, che chiuse le palpebre. Con voce
roca lui le rispose:
«Sì,
bisogna solo farla esprimere la tua passione».
Lucia
sentì un brivido correrle lungo la schiena, mentre Sebastiano si
impadronì della sua bocca facendole scoprire, dopo vent’anni di
solo lavoro, cosa fosse l’amore.
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