domenica 31 maggio 2020

Ciao a tutti!
nel tardo pomeriggio di quest'ultima giornata di maggio sarebbe stato premiato il vincitore del Giro d'Italia, ma il Corona virus ha scombinato i piani del 2020. In ottobre, se tutto andrà bene, i ciclisti dovrebbero correre la corsa rosa, così magari potrò festeggiare il mio compleanno andando dalle transenne a vedere una tappa ;) Nel frattempo ho ristabilito una nuova routine in base alle regole della fase 2 per fronteggiare il Covid-19, quindi vado a fare la spesa e la passeggiata di salute, anche se la mascherina sta diventando fastidiosa, soprattutto adesso che sta aumentando il caldo. Per il resto della giornata spulcio gli annunci di lavoro, visto che il mese scorso, per l'esattezza il 27 aprile, ho conseguito tramite una videoconferenza la laurea magistrale in scienze pedagogiche. In attesa di un futuro migliore, dato che senza studiare qualcosa non ci riesco a stare, ho scoperto alcuni esercizi di scrittura creativa per mettermi alla prova. Qualche giorno fa dovevo svolgerne uno che mi chiedeva di scrivere un racconto breve con tre possibili finali. Al termine dell'esercizio è venuta fuori una storia carina, che volevo proporvi ma non sapevo quale conclusione fosse più adatta. Allora ho pensato, visto che è un racconto dedicato ai miei lettori, perché non coinvolgerli e fare scegliere a loro come deve finire la storia, intitolata "Cosa ti aspetti?"?! Se foste interessati a partecipare, dovrete leggere l'incipit e i tre possibili finali. Dopodiché potete lasciarmi un commento, nel quale potete scrivere solo il numero del finale che più vi piace, così fra due domeniche, ossia il 14 giugno, posterò il racconto "Cosa ti aspetti?" con il finale scelto da voi. Ora non mi resta che lasciarvi con l'immagine raffigurante i simboli, associati ai tre finali, e il racconto... Buona lettura e buona scelta! :)



La prima volta che Lucia vide Sebastiano capì di non avere niente in comune con lui. I suoi modi di fare, ovvero dare pacche sulle spalle a tutti e fare l’occhiolino alle donne, glielo resero ancora più antipatico. Lucia, però, doveva sopportare in silenzio, visto che Sebastiano era il suo capo da un paio di mesi. Da quando il signor Ernesto svenne e venne ricoverato per un infarto. In ufficio tutti erano convinti che a succedergli sarebbe stata Lucia, dato che da vent’anni era il suo braccio destro, prima come segretaria e dopo la laurea come vice direttore.

Invece il consiglio dell’azienda, presieduto dall’intera famiglia Freccine, aveva deciso che il sostituto di Ernesto fosse il suo unico figlio. Lucia era risentita per lo scarso interesse dimostratole dopo gli anni di duro lavoro e questo risentimento era aumentato, quando aveva visto il viso abbronzato e i lunghi capelli biondi di Sebastiano. Da indiscrezioni aveva scoperto che il nuovo direttore tra un salto e l’altro sul surf aveva lavorato per una start-up nella Silicon Valley e non aveva esitato a mollare il suo incarico per rientrare in Italia dopo l’infarto del padre. Questo comportamento aveva migliorato il parere di Lucia nei confronti di Sebastiano, anche se continuavano a infastidirla i suoi modi sfacciati, le sue camice hawaiane colorate, i bermuda con palme o varie fronde e le infradito della Birkestock.

In una giornata negativa in borsa i titoli dell’azienda Freccine erano colati a picco, facendo vivere momenti di terrore nell’ufficio. Lucia era corsa da Sebastiano per incoraggiarlo a convocare urgentemente un consiglio per decidere come comportarsi in quella situazione. Sorseggiando il suo latte di cocco, Sebastiano la tranquillizzò:
«Non ti preoccupare, Lucia. Non c’è bisogno di convocare il consiglio, perché domani mattina attiveremo la stessa procedura che ha permesso alla Worderful Rainbow di recuperare e guadagnare tantissimo agli inizi della start-up».
Lucia, aggrottando la fronte, cercò di replicare, ma lui la rassicurò:
«Vedrai domani andrà tutto bene».
Sebastiano le strizzò la palpebra destra e bevve tranquillo il suo latte di cocco. Indignata Lucia uscì dall’ufficio sbattendo tutte le porte che le si paravano davanti. Non aveva sbagliato a reputarlo un borioso pallone gonfiato figlio di papà. Avrebbe dovuto avvisare il consiglio, invece di decidere senza concordare con gli altri componenti dell’azienda. Lucia rimuginò a lungo sull’atteggiamento e sul modo di essere di Sebastiano, anche mangiando il gelato al cioccolato seduta sul divano del suo monolocale.
Il giorno seguente Sebastiano riunì gli impiegati e Lucia, organizzando l’intensa giornata lavorativa che li avrebbe attesi per recuperare le perdite del giorno prima. La borsa aprì e l’azienda Freccine si impegnò a svolgere tutti i passaggi proposti da Sebastiano. Alle diciotto le trattative finanziarie cessarono e i titoli recuperarono le perdite, permettendo all’azienda addirittura un guadagno del tre per cento. Esausti ma soddisfatti i dipendenti festeggiarono, mentre Lucia raccolse le sue cose e uscì.

Finale 1


Non riusciva a sopportare oltre quei festeggiamenti e soprattutto la spavalderia di Sebastiano, che aveva chiesto alla segretaria di ordinare diverse bottiglie di spumante. Era proprio vero che i figli di papà ce l’avevano tutte vinte, oltre ad una fortuna sfacciata. Se fosse successa situazione del genere a lei, il consiglio sarebbe immediatamente intervenuto. Inoltre se avesse avuto un atteggiamento simile a quello di Sebastiano, l’avrebbero addirittura licenziata. Lucia sbloccò la sua Renault Twingo e aprì la portiera, quando Sebastiano uscì dal palazzo. La raggiunse ciabattando con le sue infradito, chiedendole con la fronte corrugata:
«Lucia, perché te ne vai senza festeggiare il nostro successo?»
«Non c’è niente da festeggiare!» replicò lanciando la valigetta nei sedili posteriori.
Sebastiano arricciò ulteriormente la fronte domandandole:
«Perché dici così?»
Lucia lo guardò furiosa e mettendo le mani sui fianchi affermò:
«Perché sei stato un irresponsabile! Avresti dovuto convocare il consiglio e non decidere tutto da solo!»
«Bé, è andato tutto bene».
«Ma se fosse andata male? Se le manovre finanziarie non avessero avuto esito positivo, avresti fatto crollare l’azienda!» lo rimproverò con l’indice puntato su di lui.
Sebastiano si fece serio e le ricordò:
«Bé, queste scelte sono dei rischi che il direttore di un’azienda deve correre. Per questo mi sono assunto tutte le responsabilità e, se avessi fallito, avrei fatto in modo di comunicare i risultati al consiglio per trovare un’altra soluzione. Non mi pare di essere venuto meno al mio ruolo di direttore».
Lucia si irrigidì alle parole dell’uomo, che le ricordavano il suo posto nell’azienda e il fatto di non essere lei la direttrice. Aveva perso vent’anni della sua vita per raggiungere quel ruolo e ora a trentotto anni era allo stesso punto di partenza. Anzi la possibilità di diventare la direttrice della Freccine si allontanava sempre di più, perché Sebastiano era un vero osso duro e lei non sarebbe stata in grado di sopportare oltre di lavorare con lui. Lucia inspirò ed esplose furiosa:
«Sai cosa ti dico?! Io me ne vado, anzi mi licenzio!»
Sebastiano spalancò bocca e occhi, mentre Lucia entrò in auto sbattendo la portiera e con una rapida manovra sgommò via.


Finale 2


Si sentiva sempre in imbarazzo in quelle situazioni. La maggior parte degli impiegati li conosceva da anni, tanto da aver partecipato a compleanni e matrimoni di alcuni di loro. Solo che la sua timidezza le impediva gli slanci di affetto che Sebastiano dispensava a tutti, come in quel momento che aveva ordinato lo spumante per tutti. Forse era questo l’atteggiamento giusto per essere un buon leader. Lucia sollevò le labbra in un mezzo sorriso, mentre sbloccava le portiere della sua Renault Twingo. Alzando lo sguardo notò Sebastiano, che a grandi passi la raggiunse chiedendole:
«Lucia, perché te ne vai senza festeggiare il nostro successo?»
Lei guardò le sue profonde iridi pervinca e gli confessò con le mani poggiare sulla parte alta dello sportello:
«Perché…perché in queste situazioni così festose mi sento sempre come…un pesce fuori dall’acqua».
«Ma non devi! – esclamò con un sorriso Sebastiano e spingendo la portiera le disse – Sai cosa ti ci vuole?»
Lucia fu costretta a scostarsi e, quando lo sportello venne chiuso, gli chiese aggrottando la fronte:
«Di cosa avrei bisogno?»
Sebastiano le appoggiò una mano sulla spalla e, sospingendola verso l’uscita del parcheggio, le rispose:
«Hai bisogno di fare due chiacchiere».
«Dici?»
«Certo! Si vede lontano un miglio che sei stressata e da tempo non ti fermi mai, perché sei troppo presa dal lavoro in azienda. Forse sbaglio?» le domandò guardandola un frangente negli occhi, prima di spostare lo sguardo sulla strada.
Attraversando sulle strisce pedonali, Lucia rifletté sulla domanda di Sebastiano. In effetti in vent’anni di lavoro, come segretaria e poi come vice del signor Ernesto, non aveva avuto molto tempo per lei. Inoltre a trentotto anni si ritrovava da sola senza amici, che negli anni si erano allontanati per le sue continue assenze. Sebastiano la riscosse dai suoi pensieri esortandola, con la mano a indicarle la sedia del tavolino del bar:
«Allora non mi hai risposto».
Lucia si accomodò e ammise:
«È da tempo che non parlo con un amico».
Sebastiano le rivolse un luminoso sorriso e allargando le braccia esclamò:
«Ecco l’amico con cui sfogare lo stress e le tue frustrazioni!»
Lucia ridacchiò per il modo di fare gioviale dell’uomo. Dopo essere stati serviti dal cameriere con due bicchieri di Aperol, Lucia iniziò a raccontare, mentre Sebastiano non perdeva una sua parola dandole consigli all’occorrenza.


Finale 3


Aveva dovuto abbandonare la festa perché il cuore aveva iniziato a battere forte dopo anni. Quel batticuore non era dovuto al successo delle trattative finanziarie, ma ad una persona che, con i suoi modi gentili ed affettuosi, aveva fatto breccia nei cuori dei dipendenti e anche nel suo. Lucia sbloccò la sua Renault Twingo, pensando all’ennesima generosità di Sebastiano che aveva offerto lo spumante a tutti per quella piccola conquista aziendale. Aprendo la portiera si accorse dell’oggetto dei suoi pensieri, che a grandi passi si avvicinava con i lunghi capelli biondi, svolazzanti per la brezza serale. Sebastiano si fermò davanti a lei e le chiese:
«Lucia, perché te ne vai senza festeggiare il nostro successo?»
Lucia deglutì perdendosi nelle profondità delle sue iridi pervinca e abbassando lo sguardo rispose:
«Perché…perché mi sentivo in imbarazzo».
Lui corrugò la fronte e, spingendo la portiera, insistette:
«Perché dovresti essere in imbarazzo?»
Alzando gli occhi Lucia notò l’intenzione di Sebastiano di chiudere lo sportello dell’auto, così si scorse per consentirglielo. Lucia iniziò a respirare a fatica, perché la sua vicinanza la stordiva. Aveva trentotto anni, ma in tutta la sua vita non si era mai sentita in quella maniera, ovvero con il cuore palpitante, il respiro affrettato e un senso di vertigine. Lucia barcollò, così Sebastiano le afferrò le braccia, domandandole con gli occhi che cercavano i suoi:
«Ti senti bene?»
Appena Lucia sollevò le sguardo e incontrò le iridi pervinca dell’uomo, dovette appoggiarsi alla carrozzeria dell’auto per non cadere. Con la fronte aggrottata Sebastiano scrutò i suoi occhi e Lucia capì che per la prima volta stava provando il sentimento dell’amore, di cui aveva sempre sentito parlare ma che lei non aveva ancora avuto l’onore di conoscere. La fronte di Sebastiano si distese e le sue labbra si sollevarono in un sorriso luminoso, mentre le iridi pervinca brillarono con guizzo malizioso. Lucia deglutì con il cuore palpitante, intanto Sebastiano avvicinò il viso al suo e, quando le loro labbra furono a pochi centimetri, le confessò:
«Lo sai che, la prima volta che ti ho vista così impettita e rigida, ho pensato che fossi una tizia noiosa e antipatica. In questi mesi, vedendoti dare anima e corpo per l’azienda, ho capito che invece sei una donna passionale».
«D…davvero?» balbettò deglutendo subito dopo.
Sebastiano annuì con il capo e molti capelli gli scivolarono davanti al viso, accarezzando le guance di Lucia, che chiuse le palpebre. Con voce roca lui le rispose:
«Sì, bisogna solo farla esprimere la tua passione».
Lucia sentì un brivido correrle lungo la schiena, mentre Sebastiano si impadronì della sua bocca facendole scoprire, dopo vent’anni di solo lavoro, cosa fosse l’amore.
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