giovedì 14 dicembre 2017


Ciao a tutti!
si avvicina sempre di più il Natale e con lui la frenesia degli ultimi regali, quindi si corre in fretta ai mercatini alla ricerca disperata di qualcosa di adatto per i nostri cari. Per rilassarsi un po' dallo stress ho pensato di proporvi il mio primo racconto di genere giallo. Si intitola "Krampus", è ambientato a Bolzano in questo periodo dell'anno ed è nato da una sfida con la mia amica Vanessa. Spero che sia una buona lettura, comunque fatemi sapere cosa ne pensate. Un saluto :)


1

La Jeep sobbalzò sulla strada sterrata. Anna la fermò accanto a due volanti della polizia con i lampeggianti accesi. Sganciò la cintura di sicurezza e uscì dall’abitacolo. Una ventata gelida la investì costringendola a nascondere le mani nelle tasche del suo Napapijri. Come odiava l’inverno, soprattutto adesso che l’avevano trasferita a Bolzano. Anna sbuffò e con gli anfibi, che sprofondavano nel fango, superò il nastro bianco e rosso entrando nella scena del crimine.
Mastodontici mezzi per lo scavo circondavano una fossa di un diametro di trecento metri. Un collega si allontanò da una betoniera e si avvicinò ad Anna.
«Mainardi, buon giorno»
«Se ti sembra un bel giorno…- commentò scuotendo la testa e sbirciando il buco profondo più o meno tre metri e mezzo gli chiese – Allora, Biagi, che cosa abbiamo?»
L’uomo l’affiancò e guardando la stessa direzione della donna le spiegò:
«La devo avvisare che lo spettacolo è davvero…raccapricciante!»
Anna si voltò verso di lui e con gli occhi puntati in quelli verdi del collega lo redarguì:
«Biagi! Non sono una donnetta qualunque! Sono dieci anni che sono una poliziotta e ho visto più cadaveri di te, pivellino»
L’agente abbassò per un frangente lo sguardo sui suoi mocassini infangati e riportandolo sull’ispettrice asserì mettendosi sull’attenti:
«Abbiamo cinque cadaveri. Quattro sono scheletri, mentre uno è ancora integro e il medico legale…»


Anna lo interruppe con un gesto della mano e gli chiese:
«Dov’è Romani?»
«Ancora giù con i colleghi e le vittime» rispose indicando con il mento il fondo del buco, dove la scientifica, i fotografi e il medico stavano analizzando la scena del crimine.
Anna annuì, si voltò per scendere la scala in metallo, che permetteva di raggiungere il medico, e ordinò al sottoposto:
«Interroga tutti gli operai della ditta, soprattutto chi ha trovato i corpi»
Biagi assentì con un cenno secco del capo e la vide sparire nel fosso prima di allontanarsi per svolgere l’ordine.
Anna scese adagio gli scalini scivolosi e quando depositò il piede destro sul terreno melmoso, il sinistro ancora sullo scalino in metallo slittò. Prontamente una mano la afferrò dal torace impedendole di cadere. Appena anche il piede sinistro fu sulla terra, Anna si girò e riconobbe il viso rugoso con dei sopracciglioni neri e gli occhi nocciola gentili del suo collega.
«Grazie, De Luca – bisbigliò rapidamente e spostando lo sguardo sul medico legale chino su un corpo gli chiese professionale – Biagi, mi ha accennato che abbiamo quattro scheletri e un cadavere integro. Dimmi di più»
De Luca si passò una mano nella folta capigliatura sale e pepe e parlò:
«Da ieri l’impresa edile Pittaluga ha iniziato gli scavi per la costruzione del nuovo centro commerciale e questa mattina il gancio della ruspa ha tirato su pezzi di ossa»
Si interruppe indicando con la mano un mastodontico mezzo giallo e accanto uno scheletro spezzato.
«Quindi non tutti i cadaveri sono integri?!» constatò guardando gli occhi gentili del collega.
De Luca annuì e dopo aver sollevato per un frangente le sopracciglia proseguì la spiegazione:
«E’ l’unico che è stato distrutto. Gli altri li hanno rivenuti la scientifica con l’aiuto di un’unità cinofila. Come ti ha accennato Biagi, abbiamo un, anzi dovrei dire una, che non si è del tutto decomposta e Romani le sta dando un’occhiata»
Anna sospirò e si avvicinò al medico legale. Davanti al dottore un corpo di donna semi mummificato giaceva adagiato in mezzo al fango con gli arti distesi. Il viso cereo era contratto in un’espressione di paura e l’ovale era contornato da capelli scuri sporchi di fango. Alcune zone del corpo della donna erano già in stato di putrefazione. Anna deglutì ricacciando indietro il reflusso, che quella scena le aveva causato; mentre Romani si rimise in piedi e si tolse i guanti. Si abbassò anche la mascherina e massaggiandosi la schiena si lamentò:
«Non ho più le età per piegarmi in questo modo!»
«Allora, perché non va in pensione, Romani?» lo canzonò De Luca sghignazzando.
«Rida pure, De Luca, ma a me mancano pochi anni alla pensione, mentre lei…»
Anna si intromise interrompendo la discussione e richiamò all’ordine il medico:
«Allora, Romani, cosa mi sa dire di queste vittime?»
Il medico legale inspirò e dopo aver espirato spiegò:
«Abbiamo cinque vittime. Ho dato un’occhiata a quella rivenuta dalla ruspa, ma…dovrò ricomporla prima di capire se è un uomo o una donna. Poi gli altri tre scheletri non li ho ancora visionati perché la scientifica ci sta ancora facendo i rilevamenti e infine c’è lei…Da un primo esame autoptico posso dire che è una donna tra i 25 e i 30 anni e dallo stato di decomposizione posso dire che è morta qualche mese fa, anche se non riesco a comprenderne la causa. Con l’autopsia saprò dirvi di più, comunque volevo farvi vedere una cosa»
Romani estrasse dalla sua borsa un altro paio di guanti e li indosso; poi si avvicinò al cadavere e, quando vide le due teste dei poliziotti chine sul corpo, scostò i capelli dal collo della vittima. Due buchi neri molto ravvicinati segnavano la pelle giallognola della donna. De Luca commentò ridacchiando:
«Cos’è?! E’ stata morsa da un vampiro?!»
Il medico legale lasciò i capelli della vittima, si raddrizzò ed esclamò togliendosi i guanti:
«Non esistono i vampiri!»
De Luca rise e Anna ignorando il collega domandò al dottore:
«Secondo lei, che cosa ha procurato quei buchi?»
«Non ne ho idea - ammise scuotendo la testa e sbuffando disse – Saprò dare più spiegazioni solo dopo l’autopsia e le varie analisi»
«Capisco e quanto ci vorrà?» gli chiese dando un’altra occhiata alla morta.
Il medico spalancò i piccoli occhi grigi e borbottò:
«Minimo ci impiegherò una settimana per questa mezza intatta…Per gli scheletri avrò bisogno di più tempo»
Anna sospirò e diede ordini prima a Romani e poi al collega:
«Mi faccia sapere i responsi appena li avrà per le mani. De Luca, dobbiamo scoprire mare e monti su questo terreno, sulle scomparse, che potrebbero essere le nostre vittime, e su questo serial killer che si diverte a fare il vampiro».


2


Anna passeggiava per un sentiero buio, quando vide una donna dai lunghi capelli neri. Era seduta su una grossa pietra e all’improvviso una figura alta e piegata apparve dalla penombra emettendo un suono simile ai rintocchi di un campanaccio. La ragazza si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre la figura sconosciuta portò il viso verso la luce fioca della luna. Un volto tutto rugoso con le sopracciglia arcuate, gli occhi infossati e gialli e la bocca spalancata, in cui denti aguzzi e sporchi di sangue si tuffarono sul collo della ragazza.
Anna si alzò di soprassalto, il cuore le martellava nel petto e il fiato era corto per lo spavento procurato dal sogno. Era un incubo o una delle sue visioni? Anna inspirò ed espirò fino a quando non si sentì più tranquilla; poi sollevò il polso sinistro per guardare l’ora. Le quattro e mezza. Avrebbe potuto riappoggiare la testa sul cuscino per provare a dormire ancora qualche ora, ma quel sogno era troppo intenso per poter dormire serenamente.
Anna scese dal letto e, appena i suoi piedi toccarono il pavimento, un brivido di freddo la ringalluzzì. Indossò rapidamente le pantofole, si coprì con la pesante vestaglia di ciniglia e uscì dalla sua camera da letto. Accese la luce del salottino, azionò la stufa a pellet ed entrò nella cucina per prepararsi un caffè forte per dimenticare l’incubo. Con una tazza fumante Anna prese dal tavolo del salottino il fascicolo sulle morte del nuovo centro commerciale e si lasciò cadere sulla poltrona. Si sfilò il cuscino da dietro la schiena e mettendoselo sulla pancia sorseggiò un po’ di caffè; poi aprì il fascicolo e il viso deformato della vittima si profilò in cima ai documenti dell’indagine.
Anna prese la foto e osservò quella povera donna. I capelli e i lineamenti erano quelli della protagonista del suo incubo. Scosse la testa ripensando alla battuta stupida di De Luca, che affermava di avere a che fare con un vampiro. Che stupidaggine! Anche se nel suo sogno, aveva però il timore che si trattasse di una delle sue visioni, l’assassino aveva un volto strano e aveva dei denti aguzzi. Anna scosse nuovamente il capo e si diede dell’ingenua a credere che sulla terra ci fossero realmente delle persone con quelle sembianze così…inumane. Anna bevve una lunga sorsata dalla sua tazza e si concentrò sulla lettura dei vari interrogatori e ricostruzioni da parte della scientifica.


 
La mano sollevò la cerniera del Napapijri e Anna smontò dalla Jeep. Stando attenta a non scivolare su qualche lastra di ghiaccio entrò in questura. Salutò i diversi colleghi che incontrò per i corridoi e si infilò nel suo ufficio chiudendo la porta alle sue spalle. Si spogliò del giubbotto, che agganciò sull’appendiabiti, e si sedette sulla sua sedia subito dopo aver schiacciato il pulsante d’accensione del computer. Anna chiuse gli occhi pulendosi i condotti lacrimali sbuffando per il fatto di sentirsi già stanca alle nove della mattina. Sicuramente quella sera si sarebbe preparata una camomilla bella forte per riuscire a dormire e per evitare gli incubi che la svegliavano in orari pazzeschi. Quando riaprì gli occhi, Anna si trovò davanti a lei il faccione di De Luca. Trasalì e lo rimproverò:
«Non si bussa alle porte?!»
«Avevo troppa fretta di comunicarti i risultati delle mie indagini» si giustificò sedendosi davanti a lei.
Anna sospirò e poggiandosi sullo schienale della sedia lo incoraggiò:
«Dai, sono tutta orecchi»
De Luca sfogliò i documenti e lesse alcuni stralci che aveva sottolineato con un evidenziatore giallo fluorescente:
«Il terreno apparteneva a un certo Simon Kostner, che è deceduto il nove novembre dell’anno scorso»
«Mmm…e adesso chi è il proprietario?» lo incalzò con la testa inclinata da un lato.
«Allora…un mese fa il proprietario era Jonas Kostner e non è stato facile rintracciarlo perché vive a New York, comunque…mi ha detto che ha venduto il terreno alla Jackson Company. Dato che lui non ha nessuna intenzione di ritornare in Italia, non sapeva che cosa farsene di un terreno così l’ha venduto a questa compagnia che ci costruirà il nuovo centro commerciale – spiegò sbirciando per un secondo Anna e poi spostando un foglio tornò a parlare - Su quel terreno c’è un maso, che Simon Kostner prima di morire ha lasciato in eredità a Nora Gaus, la quale ci vive assieme al figlio Peter»
Anna annuì con il capo, appena il collega la guardò, e gli domandò in un bisbiglio:
«I controlli sulle scomparse come stanno andando?»
De Luca la osservò triste e le rispose:
«Biagi, ha contattato diverse famiglie che si sottoporranno al test del DNA»
«Che situazione di merda! Comunque prima potremmo dare un nome alla vittima più intatta, potremmo finalmente trovare l’assassino, perché ho la vaga sensazione che questo caso ci perseguiterà per mesi…» commentò scuotendo il capo.
«Lo so…è una grande e merdosa situazione – Anna annuì alla sua imprecazione e De Luca le chiese battendosi i fogli sul ginocchio – E ora che facciamo?»
Anna alzò un secondo gli occhi al soffitto e alzandosi dalla sua sedia ordinò:
«Andiamo subito a parlare con Nora Gaus»
Lei strappò il giubbotto dall’appendiabiti uscendo dal suo ufficio con De Luca al seguito.



Un grande maso con i tronchi scuri a vista si profilò in cima alla collina, nonostante la fitta nebbia non permettesse una buona visibilità. Anna parcheggiò la Jeep e scese dall’abitacolo assieme a De Luca. In silenzio con il solo scricchiolio della ghiaia sotto le loro suole si avvicinarono al pesante battente di legno. Anna sbirciò le finestre laterali e in quella di sinistra intravide un volto prima che la tenda tornasse a coprire il vetro. Sospirò e decisa afferrò il batacchio, che colpì il ferro sottostante al centro della porta. Dopo qualche minuto una voce gracchiante chiese:
«Wer ist da?1»
«Polizei2» ribatté Anna guardando per un secondo il collega.
La porta si aprì e una vecchietta ricurva su un bastone scuro con quattro ventose sul fondo apparve studiandoli con i suoi occhi color del ghiaccio. Anna le sorrise e si presentò mostrando il suo tesserino con lo stemma della polizia in ottone:
«Buon giorno, signora. Sono l’ispettore Mainardi e lui è il mio collega. Dovremmo farle alcune domande»
«Per quei corpi trovati giù nel terreno?» chiese in italiano con un forte accento tedesco.
«Sì, signora» rispose prontamente Anna.
La donna spalancò la porta e si avviò con il suo bastone all’interno della casa. De Luca le fece cenno con una mano di precederlo e Anna entrò nel locale caldo e arredato con legno chiaro. Una grande stufa nera era disposta al centro del salotto e riscaldava da quella giornata nebbiosa e fredda. Anna e De Luca si tolsero i rispettivi cappotti tenendoli sul braccio e raggiunsero Nora Gaus, che si era seduta su una vecchia poltrona reclinabile in mezzo al tavolo e alla stufa. De Luca prese posto sulla panca davanti al tavolo, mentre Anna sfilò una sedia incastrata sotto una scrivania e la mise di fronte alla donna. Dopo aver disposto il giubbotto dietro la spalliera ed essersi seduta domandò alla donna anziana, che si era appena sistemata un pettinino nella sottile chioma candida:
«Signora Gaus, conosceva bene Simon Kostner?»
Con gli occhi bassi annuì e rispose con un filo di voce:
«Sì, andavamo a scuola assieme»
«Come mai le ha lasciato in eredità il maso?»
Nora sollevò di scatto la testa con gli occhi sgranati e il viso già rugoso si raggrinzì ancora di più a quella domanda. Deglutì e bisbigliò:
«Negli ultimi anni ho avuto problemi di salute…mio figlio era ancora in Germania per lavoro, così…Simon mi ha ospitata a casa sua. Dopo aver scoperto di avere pochi mesi di vita è andato da un notaio e mi ha lasciato il maso»
Anna le rivolse un sorriso e le chiese:
«Avevate una relazione?»
«Eee… - sospirò e poi borbottò con lo sguardo basso – E’ una lunga storia»
«Abbiamo tutto il tempo che vuole» la rassicurò Anna lanciando una breve occhiata a De Luca, che annuì all’anziana donna.
«Come vi dicevo prima andavamo a scuola assieme. Poi crescendo abbiamo preso strade diverse. Lui ha preso in gestione il maso di famiglia e io… - si interruppe guardando le sue mani strette sull’impugnatura del bastone e spostando lo sguardo sugli occhi cerulei della poliziotta riprese il racconto – Io mi sono persa…Ero giovane e stupida. Venivo da una famiglia povera, ma io volevo tutto e subito, così…un bel giorno per poter avere le cose belle e i soldi ho incominciato a prostituirmi. Solo che quando si vuole troppo si rischia anche tanto, infatti…sono rimasta incinta. Tutto all’improvviso cambiò. Per me e mio figlio la vita non fu per niente facile. Ho fatto qualsiasi lavoro…sono tornata anche a prostituirmi per poter condurre una vita più o meno accettabile. Poi un giorno Simon venne nel locale dove facevo la cameriera e ci raccontammo le nostre vite. Quando gli parlai di Peter, decise di prenderlo sotto la sua ala protettrice insegnandogli il lavoro manuale. Quando ha compiuto ventisei anni Peter andò a vivere in Germania, dove si sposò…ma anche lui non ebbe molta fortuna»
Anna attese la prosecuzione della storia e la donna dopo un lungo sospiro terminò il racconto:
«Dopo diciannove anni di matrimonio sua moglie se ne è andata, lui ha perso il lavoro e così è tornato qui. Simon l’ha fatto lavorare nel maso, anche perché era troppo vecchio per molti lavori e poi…il resto della storia la sapete già»
Anna annuì e le domandò:
«Che lei sappia Simon Kostner aveva dei nemici?»
«Bé, litigava sempre con Andreas Gruber per questioni di vicinato che io non ho mai compreso» ammise Nora guardando prima l’ispettrice e poi il suo collega.
Anna le sorrise e si alzò imitata da De Luca; con gentilezza la ringraziò:
«C’è stata di grande aiuto, signora Gaus»
Nora rivolse loro un sorriso e stava per alzarsi con l’aiuto del bastone, ma De Luca la rassicurò:
«Stia pure comoda, signora Gaus»
«Allora, arrivederci» li salutò sistemandosi meglio sulla poltrona.
I due poliziotti indossarono i giubbotti e Anna poggiò la mano sul pomo della porta, quando questa si aprì e un uomo alto più di due metri con radi capelli rossicci entrò nel salotto. Anna perse l’equilibrio a causa della spinta da parte dell’uomo, che appena si accorse dei due sconosciuti chiese con voce tonante:
«Chi siete?»
«Agente capo De Luca – replicò il poliziotto tenendo la collega per impedirle di cadere e quando lei si raddrizzò proseguì la presentazione - Lei è l’ispettore Mainardi»
«Che cosa volete?»
Nora si intromise tranquillizzando il figlio:
«Peter, sono venuti a fare delle domande sui corpi trovati sul terreno di Simon…»
Peter annuì e affermò:
«Ho sentito la notizia»
Anna guardò gli occhietti grigi di quell’omone e con un sospiro disse:
«Va bè, abbiamo disturbato già abbastanza. Arrivederci signori Gaus»
Peter le rivolse un cenno del capo identico a quello della madre. Anna aprì la porta e uscì rabbrividendo per il repentino sbalzo termico. Si strinse maggiormente nel suo Napapijri e, quando il collega fu al suo fianco, gli chiese:
«Che te ne pare?»
De Luca inspirò, espirò, si voltò verso il maso, da cui Peter li stava spiando, e in prossimità della Jeep rispose:
«La signora è una donna che deve aver sofferto tanto e il figlio…deve essere un attaccabrighe di prima categoria»
Salirono tutti e due a bordo dell’auto, agganciarono le cinture di sicurezza e mettendo in moto Anna ammise:
«Sono d’accordo, anche se questo Peter mi sembra un tipo…più oscuro»
«Oscuro?!» ripeté con le sopracciglia cespugliose, che quasi si congiungevano.
Anna annuì e cambiò discorso.
«Ora andiamo in centrale e convochiamo Andreas Gruber. Vorrei capire quale fosse questa terribile disputa di vicinato»
De Luca assentì con il capo e con la radio avvisò Biagi di convocare l’indagato.


Andreas Gruber era un omone di un metro e novanta con un fisico massiccio e una pancia prominente. I capelli erano folti e biondi con diverse striature bianche sparse nella chioma. Gli occhi erano grandi, molto vicini e di un intenso verde smeraldo, che in quel momento fissavano l’ispettrice. Anna si schiarì la voce e domandò:
«Allora, Andreas Gruber, la signora Nora Gaus ci ha riferito che eravate in cattivi rapporti con Simon Kostner. Quali erano le ragioni?»
L’uomo si grattò la pancia e rispose con un erre marcata:
«Eravamo nemici da ventiquattro anni. Da quando ho preso in gestione il maso di mio padre. Scheißkerl3 ha rubato un terreno a mio padre»
«Come fa a dire che Kostner abbia rubato il suo terreno?»
«Perché, appena mio padre è morto, ho preso le carte catastali della proprietà e due ettari coltivati da Kostner sul nostro confine in realtà erano i miei» spiegò sistemandosi meglio sulla sedia.
Anna osservò De Luca entrare nel suo ufficio e poggiare la schiena sul davanzale della finestra per studiare meglio Gruber; poi portò di nuovo lo sguardo sull’omone e gli chiese:
«C’erano altre ragioni per i vostri dissidi?»
Gruber si agitò nella sedia e rispose con una domanda:
«Vuole proprio saperlo?»
«Certamente» replicò con un sorriso di incoraggiamento.
Gruber si grattò la pancia e affermò infervorandosi:
«Scheißkerl! Ogni anno a San Nicolò si travestiva da Krampus e veniva a distruggere le porte e le finestre del mio maso con quelle dannate catene!»
De Luca si scostò dalla finestra avvicinandosi alla scrivania, visto che Gruber aveva cominciato ad agitare un po’ troppo le mani, e Anna scuotendo la testa gli domandò:
«Come faceva a sapere che fosse proprio lui?»
«Perché era l’unico che si travestiva da Krampus e a questo San Nicolò nessuno mi ha distrutto le porte e le finestre, dato che lui è morto i primi di novembre»
Anna annuì e dopo averlo scrutato per qualche altro secondo disse:
«Per il momento è tutto, signor Gruber»
«Va bene, se volete parlare ancora con me sapete dove cercarmi» replicò alzandosi.
«Senz’altro – parlò allungandogli la mano e quando si strinsero lo salutò - Arrivederci»
«Arrivederci ispettrice» contraccambiò il saluto uscendo sotto lo sguardo torvo di De Luca.
«Non mi piace!» sentenziò appena si chiuse la porta.
Anna osservò il cipiglio del collega e, quando l’uomo la guardò, lo prese in giro:
«Cos’è De Luca?! Siamo Lombrosiani?»
«Dai suoi movimenti ho capito che è un uomo violento» si giustificò sedendosi dove c’era stato Gruber.
«Si è fatto solo coinvolgere dal racconto – lo rassicurò e cambiando discorso chiese – Notizie da Romani?»
De Luca sospirò e rispose:
«Ha detto che domani avrà un quadro più chiaro e scriverà la relazione, che ci invierà»
«Allora, non vedo l’ora che sia domani per avere un quadro più preciso su questa storia» affermò poggiando la schiena sulla spalliera e gli avambracci sui braccioli della sedia.


3

 
Anna si sedette sulla sedia della sua scrivania, poggiò la tazza fumante di caffè e nascose il viso fra le mani. Anche quella notte aveva fatto un altro incubo. La bestia della notte precedente si era intrufolata nei suoi sogni e questa volta aveva affondato i denti sul collo di un’altra donna dai lunghi capelli color del mogano. Per fortuna Biagi l’aveva svegliata chiamandola per avvisarla dell’arrivo della relazione dell’autopsia. Anna inspirò ed espirò diverse volte, poi prese la tazza e bevve una lunga sorsata di caffè. Se non risolveva in fretta questo caso non avrebbe più dormito. Si conosceva, tanto da sapere che quella bestia l’avrebbe perseguitata nei suoi sogni fino a quando questi cinque delitti non fossero stati risolti, soprattutto quello della donna di cui si intravedevano dei buchi nel collo. Quei buchi la stavano ossessionando in modo particolare.
Qualcuno colpì con decisione la porta, così Anna invitò ad entrare contenta di non pensare più ai suoi incubi.
De Luca entrò nel suo ufficio seguito dal medico legale. Anna si mise subito in piedi e con la fronte corrugata domandò:
«Romani?! Come mai è venuto fino in questura?»
L’uomo strinse brevemente la mano della donna e, appena lei gli segnalò la sedia, si sedette poggiandosi sul grembo la sua borsa. Romani l’aprì e le rispose:
«Sono voluto venire di persona perché l’autopsia ha rivelato dei particolari significativi»
«D’accordo. Sono tutta orecchi» lo esortò indicando la sedia a De Luca.
Il collega si accomodò, mentre il medico legale estrasse dalla sua borsa, che abbandonò sul pavimento alla sua destra, il fascicolo, lo poggiò sulla scrivania e iniziò a spiegare leggendo dalla sua relazione:
«Allora...si tratta di una donna di età compresa fra i 25 e i 30 anni, sul corpo non aveva tatuaggi o segni particolari, che la possano identificare immediatamente»
«Avete già cominciato a fare i test del DNA con i famigliari di alcune scomparse?» volle sapere Anna allungando il collo verso i fogli del dottore.
Romani sbuffò e borbottò:
«Sì! Ora però parliamo del cadavere di questa donna!»
Anna e De Luca annuirono, così il medico legale riprese la sua spiegazione.
«La donna deve essere morta da circa tre mesi. Io ho ipotizzato dicembre perché le nevicate di quel periodo hanno rallentato la degenerazione dei tessuti, inoltre posso dirvi con sicurezza che la donna è stata violentata ripetutamente come se fosse stata vittima di un branco…poi la morte è avvenuta per asfissia da strangolamento e l’aspetto, che mi ha lasciato allibito, è stato che subito dopo il decesso l’assassino ha praticato…una sorta di…possiamo definirlo, una sorta di completo travaso del sangue»
«Cioè?» chiese allibito De Luca.
Romani guardò l’uomo seriamente e gli rammentò:
«Si ricorda quando scherzò dicendo che i buchi sul collo sembravano i morsi di un vampiro?!»
«Me lo ricordo bene»
«Bene! L’assassino si è comportato come nelle leggende sui vampiri, ovvero ha praticato quei due buchi sul collo e…ha fatto andare via tutto il sangue della vittima»
«Madonna mia!» esclamò il poliziotto con gli occhi sgranati.
Anna scosse la testa e chiese al dottore:
«Ma è impossibile? Se la donna era già morta?»
«Invece no! L’assassino ha praticato questo prima della coagulazione del livor mortis» ammise il medico poggiando la schiena sulla spalliera della sedia.
Anna trattenne il respiro con gli occhi sgranati, perché aveva la netta sensazione che la bestia dei suoi incubi, potesse centrare in qualche modo nel delitto della donna. Tornò a respirare e sentenziò:
«Allora, cari miei, abbiamo a che fare con un serial killer che si diverte a fare il vampiro»
I due uomini si ritrovarono a dover annuire a quella strana rivelazione.


Biagi bussò lievemente con le nocche e ricevuto l’invito entrò nell’ufficio dell’ispettrice. Anna era impegnata al computer, perché stava analizzando le fotografie di un alpinista scivolato da una montagna e dopo un volo di trecento metri era deceduto poche ore dopo l’impatto. Spostò lo sguardo sul collega e lui sollevò due cartelle gialle.
«Che cosa sono?»
«Sono delle nuove notizie sui cadaveri del centro commerciale»
«Alla buon’ora! E’ passato un mese dal loro ritrovamento!» si lamentò prendendo la cartellina, che gli stava porgendo Biagi.
Anna aprì e iniziò a leggere, ma il suo collega glielo riassunse:
«Queste sono i primi rilievi sugli scheletri e sono tutte donne di età compresa fra i 25 e i 30 anni»
«Come la donna più integra» commentò guardando l’uomo.
«Esatto! – esclamò e passandole l’altra cartellina aggiunse – In questo fascicolo invece troverà il nome del primo cadavere»
«Giulia Salemi» bisbigliò osservando una donna con fluenti capelli neri e due bellissimi occhi nocciola, che stava sorridendo sotto un gigantesco pino.
Biagi affermò mettendo le mani dietro la schiena:
«Giulia Salemi aveva ventisei anni, viveva a Sestola, in provincia di Modena, con i genitori e un fratello minore. Era un’impiegata del comune e si trovava nelle nostre zone per il mercatino di Natale, di cui era una grande appassionata. E’ arrivata qui il trenta novembre e sarebbe dovuta tornare a casa il dieci dicembre, ma il quattro non ha contatto i genitori, che chiamava ogni sera. Loro ci hanno allertato subito della scomparsa ma dalle relazioni di quel periodo era come se fosse scomparsa sulla faccia della terra»
«Come mai hai detto scomparsa sulla faccia della terra?» gli chiese scuotendo la testa.
«Perché i colleghi, che sono andati nell’albergo in cui alloggiava, hanno scritto che la camera era vuota. Non c’era un bagaglio della donna e l’albergatore continuava ad affermare che la ragazza era uscita alla mattina e poi non era più rientrata. E senta bene, la ragazza era uscita solamente con la sua borsetta e nulla più, quindi l’albergatore non si spiega come possano essere svaniti il trolley e una sacca, con cui era arrivata»
«E aveva già pagato? Ci era andata la scientifica per i rilievi?»
Biagi annuendo rispose:
«Sì, aveva pagato con un bonifico e la scientifica aveva fatto dei rilievi, in cui i colleghi hanno riscontrato solo le impronte digitali della scomparsa e della cameriera, che ripulisce le stanze»
Anna inspirò di botto e sbattendo le cartelline sulla scrivania esclamò:
«Quindi il nostro serial killer è molto ma molto scaltro»


4


L’estate fece capolino anche a Bolzano con una temperatura massima di 40 gradi, che secondo i metereologi veniva percepita dalle persone sui 50 gradi. Anna era appena tornata dal lago, in cui un giovane senegalese era affogato. Si sedette alla sua scrivania e azionò la piccola ventola davanti a lei. Come avrebbe voluto rimanere a casa dei suoi, dove la brezza marina l’aveva rinfrescata dal caldo che era scoppiato a Bolzano. Solo che ormai le ferie erano un lontano ricordo e doveva ritornare alla realtà del suo lavoro, anche se i suoi incubi con protagonista la bestia non se ne erano andati in vacanza. Anna schiacciò il pulsante d’accensione del computer e nell’attesa rifletté sulle cinque donne ritrovate sotto la terra, su cui sarebbe sorto un centro commerciale. Ormai sapevano i loro nomi e i loro resti erano ritornati alle loro famiglie da un mese. I genitori di queste giovani donne le avevano chiesto la stessa cosa: “La prego, trovi l’assassino che ha fatto questo alle nostre bambine”. Anna avrebbe voluto risolvere all’istante i delitti di Giulia Salemi; Veronica Pizzul, che era morta a ventisette anni e aveva lasciato Pordenone per il suo primo servizio fotografico da fotografa; Antonella Russo, la quale aveva deciso a trent’anni di provare a sciare anche se lei era abituata al mare di Napoli; Tiziana Ricci, che dopo aver perso la coincidenza per Berlino, dove lavorava come ricercatrice, si era lasciata stregare per qualche giorno da Bolzano, e Jolanda Müller, che cinque anni prima era scesa da Innsbruck per visitare una città italiana. Ebbene il serial killer ormai da cinque anni strangolava le sue vittime e poi le svuotava, come aveva definito il suo vicequestore, del loro sangue. De Luca continuava ad affermare che allora i vampiri non erano solo una finzione. Peccato che questo vampiro uccidesse sempre tra novembre e dicembre, perché le vittime erano tutte scomparse in quel periodo. Quell’uomo doveva avere dei problemi seri con le donne e doveva capire perché agisse solo in quel periodo, prima che anche quell’anno potesse colpire un’altra volta. Anna inspirò ed espirando osservò lo stemma della polizia sul desktop. Ora doveva scrivere la relazione per quel giovane senegalese morto affogato.


Erano trascorsi sette mesi dal ritrovamento delle cinque ragazze e l’unico collegamento, a cui potevano fare riferimento, era l’albergo dove tutte avevano alloggiato prima di scomparire. Si trattava dell’hotel Berger e Anna aveva letto e riletto il fascicolo sulla storia dell’albergo, che risaliva al 1946 quando la famiglia Berger aveva preso in gestione l’attività. Nei cinque anni, in cui il serial killer vampiro agiva, non era cambiato nulla nell’albergo. I dipendenti erano della famiglia Berger e anche gli stagionali erano sempre gli stessi da decenni. Anna era consapevole che una malattia mentale potesse sopraggiungere più in là nella vita di una persona, ma tra le persone dell’albergo, che aveva interrogato lei stessa, nessuno risultava passibile di una qualche patologia che giustificasse il comportamento del loro serial killer vampiro. Ormai brancolavano nel buio da quel giorno freddo di febbraio e non restava altro che controllare l’albergo Berger per poter capire chi fosse l’assassino di quelle povere cinque donne. Le loro indagini era concentrate soprattutto sul loro pub, che era il più famoso della zona. Per questo in quella serata di ottobre Anna, De Luca e Biagi erano seduti al tavolino appartato, che il proprietario lasciava loro per poter osservare i frequentatori del pub.
Il giovanile cameriere con un biondissimo ciuffo alla Elvis servì i tre poliziotti in borghese con dei boccali di birra scura. I tre gli rivolsero lo stesso cenno di ringraziamento e si avventarono sulla bevanda leggermente amara. Anna fu la prima ad appoggiare il boccale sul tavolino e domandò scrutando la gente nel locale:
«Notate qualcosa di diverso dagli altri giorni?»
«Ci sono gli stessi clienti di ieri» intervenne per primo De Luca.
Biagi osservò ancora un po’ i presenti e sgranando per un secondo gli occhi rispose:
«A ore dieci c’è Peter Gaus e a ore tre Andreas Gruber»
«Bravo Biagi! Ottima osservazione! Sono sicura che farai carriera» lo elogiò Anna.
«Grazie» borbottò l’interessando con il volto in fiamme.
De Luca, intanto, guardò prima Gaus, che aveva i gomiti poggiati sul piano del bancone e sorseggiava una birra con un’espressione pensierosa, e poi Gruber, il quale si teneva la pancia ridendo sguaiatamente assieme a tre omoni come lui, dopo di che ammise:
«In questo mese, in cui veniamo qui, è la prima volta che ci sono anche loro due»
«Si vede che con la stagione fredda hanno meno lavoro e più tempo libero» ipotizzò Biagi bevendo subito dopo una sorsata di birra.
De Luca si accigliò guardando il giovane collega e spostando lo sguardo sull’ispettrice le chiese:
«Sospetti di uno dei due?»
Anna osservò i due uomini, che in maniera diversa stavano trascorrendo il loro tempo libero al pub, e annunciò:
«Bé, entrambi potevano accedere a quel pezzo di terreno e nasconderci quelle povere donne, quindi non li escluderei dai sospettati»
«Veramente non abbiamo altri di cui sospettare» le ricordò Biagi.
Anna lo fissò dritto negli occhi e sussurrò:
«Allora, dato che sono i nostri unici sospettati, come dici tu, voglio che tu torni in ufficio e scopri mari e monti su Gaus e Gruber»
«Ma…»
Anna lo interruppe con voce decisa:
«E’ un ordine, Biagi»
Il giovane poliziotto sbuffò, trangugiò gli ultimi residui di birra e con gestì nervosi uscì dal pub. De Luca ridacchiò ma, appena si accorse che l’ispettrice aveva gli occhi cerulei ridotti a due fessure, tornò serio e disse:
«Io sospetto senza ombra di dubbio di Gruber. Non mi piace per niente»
Anna gli rivolse un mezzo sorriso e osservando i due sospetti replicò:
«Prima vediamo cosa scopre Biagi, poi vedremo»


Anna era seduta davanti alla scrivania del suo ufficio e non poteva fare a meno di ricordare l’incubo di quella notte. La bestia l’aveva rincorsa lungo le strade di un fitto e buio bosco e, nonostante la sua corsa forsennata, l’aveva afferrata per le spalle. Lei aveva tentato di difendersi con le sue mosse di karate, ma la bestia aveva una forza sovrumana che aveva impresso sul collo prima di affondarci i suoi denti. Qualcuno bussò facendola trasalire e dopo aver regolarizzato il respiro invitò ad entrare. Biagi spinse la porta seguito da De Luca. Si accomodarono e Anna osservò il viso stanco del giovane, il quale si schiarì la voce e iniziò a leggere le scoperte.
«Vado in ordine alfabetico…Peter Gaus è nato a Bressanone il 22 maggio del 1966 da Nora Gaus e padre sconosciuto. Dopo qualche mese dalla nascita la madre lo porta a Bolzano, dove ha frequentato tutte le scuole dell’obbligo in scuole statali della città. A 14 anni si iscrive ad un istituto tecnico e bazzica in un brutto giro; infatti tre dei suoi amici sono nostre conoscenze. Comunque a 16 anni lascia la scuola e rischia più volte il carcere minorile, ma poi inizia a lavorare per Simon Kostner. Nel 1984 parte per il militare negli alpini in Friuli, poi ritorna a casa e nel marzo 1992 si trasferisce a Mainz in Germania per sposare Cora Mann. L’anno successivo ha iniziato a lavorare come falegname. Nel giugno del 1996 ha avuto il figlio Johann, che vive ancora a Mainz. La vita di Gaus comunque cambia drasticamente il 10 marzo 2011. Quando il figlio si trovava in gita scolastica, lui e la moglie ebbero una brutta lite. Lei uscì di casa e da quel giorno non ci ha più fatto ritorno. Alla polizia Gaus ha riferito che lui credeva che la moglie fosse andata dai suoi genitori, i quali vivevano in una strada a pochi metri dalla loro. Quando li chiamò per chiedere alla moglie di tornare a casa, ha scoperto che da loro non era mai arrivata. Il 15 luglio 2012 è venuto a Bolzano dalla madre malata e ha preso in gestione il maso di Kostner»
Anna con la fronte corrugata gli chiese:
«L’hanno poi ritrovata Cora Mann?»
«I colleghi tedeschi mi hanno riferito che è ancora tra le scomparse e l’unica testimonianza, che hanno, oltre a quella del marito, è di una vicina che dice di averla vista salire su una corriera» spiegò Biagi guardandola negli occhi.
Anna annuì con il capo e lo incalzò a proseguire:
«E di Andreas Gruber che cosa hai scoperto?»
Biagi chinò il capo sulla cartellina, spostò dei fogli e lesse:
«Andreas Nicolas Gruber è nato il 18 febbraio del 1962 a Bolzano da Maria Oss e Hans Gruber. Dopo le scuole medie inferiori ha sempre aiutato il padre nel maso. Nel 1980 ha svolto il servizio militare negli alpini in Abruzzo, trasferendosi a L’Aquila fino al 1984 perché ha sposato Francesca Cirilli. Come le dicevo, nel settembre del 1984 è tornato a Bolzano e dopo qualche mese è stato raggiunto dalla moglie. Nell’aprile del 1985 ha avuto un figlio Paolo, che ora vive a Londra dove fa il consulente finanziario. Nel ottobre del 1985 si è separato ottenendo il divorzio solo dieci anni dopo. Intanto nel 1990 intraprende una relazione con Claudia Rossi, da cui ha avuto due figli Gloria e Hans e l’ha sposata nell’estate del 1996. Invece nel 1993 il padre gli ha lasciato il maso e sono cominciate le liti con Kostner. Ci sono denuncie di appropriazione indebita di bene immobile e di violazione di domicilio a carico di Kostner, il quale lo ha denunciato a sua volta per percosse»
«L’avevo detto io che era un tipo violento!» proclamò De Luca battendo una mano sulla scrivania.
Anna sospirò e chiese a Biagi:
«Hai scoperto altro su Gruber?»
«Bé…abbiamo una serie di segnalazioni da parte dell’ospedale di Bolzano a proposito di strane cadute da parte di Claudia Rossi»
«Quindi la picchia» commentò Anna stringendo le labbra.
Biagi annuì e De Luca asserì:
«Se picchia la moglie, può essere benissimo lui ad aver ucciso quelle cinque donne! Chiediamo al PM di mandarci a prenderlo»
«Non corriamo, De Luca – lo richiamò Anna e dopo aver inspirato disse – Non possiamo chiedere una cosa del genere al PM. Non possiamo accusarlo dell’assassinio di quelle cinque povere donne solo sulla base di possibili percosse sulla moglie, la quale non ha mai presentato una denuncia a suo carico»
«Allora cosa facciamo?» le domandò Biagi chiudendo il suo fascicolo.
Anna parlò guardando in modo cadenzato i due colleghi:
«Innanzitutto avvisiamo il PM di tutte queste scoperte, in modo tale che possa firmarci dei mandati all’occorrenza. Poi non ci resta che osservare bene quel pub per verificare che siano solo loro due i nostri sospettati»
I due poliziotti annuirono e Anna pregò silenziosamente di riuscire ad arrestare il serial killer vampiro e mantenere la promessa fatta ai genitori di quelle povere donne.


5

 
Anna salvò la relazione sull’ennesimo uxoricidio dell’anno. Una giovane madre era stata assassinata a coltellate dal marito davanti ai due figli di quattro e tre anni intorno alle ventidue del giorno prima. Anna sospirò e chiudendo il computer pensò al maschilismo perseverante della società, che si scandalizzava dinanzi agli omicidi perpetrati nei confronti delle donne, ma alla fine non faceva niente per mutare il pensiero di possesso e superiorità del genere maschile. Anna si massaggiò con le dita i condotti lacrimali sentendo montare dentro di sé la stanchezza di quelle ultime ore. Quando erano stati chiamati per le indagini, lei, Biagi e De Luca erano al pub dei Berger per la loro serata di sorveglianza, quindi ora desiderava con tutta se stessa il suo comodo letto. Anna si alzò e trattenendo uno sbadiglio raggiunse l’appendiabiti. Appena indossò il giubbotto, qualcuno bussò alla porta. Con uno sbuffo Anna aprì il battente ritrovandosi davanti un sorridente De Luca.
«Allora andiamo dai Berger?»
Anna chiuse per un frangente gli occhi e disse:
«Uuu, è vero…c’è la sorveglianza al pub. Non puoi andarci con Biagi per questa volta»
«Ma come fai a dimenticarti la nostra seratina romantica? – la canzonò ridacchiando, ma quando vide lo sguardo di rimprovero dell’ispettrice si fece serio spiegando - A proposito di Biagi, il ragazzo se ne è tornato a casa da un paio d’ore»
Scuotendo la testa Anna lo superò ordinando:
«Ci andiamo con una civetta! Sia chiaro che mi riaccompagnerai a casa e domani mi verrai a prendere per venire qui!»
«Agli ordini, signora ispettore!» replicò seguendola con un sorriso fra le labbra.
Appena furono fuori dal commissariato, l’aria fredda di novembre li investì. Anna chiuse per bene la cerniera del giubbotto e si voltò per vedere De Luca avviarsi verso una Fiat Punto nera. Con un sospiro rumoroso Anna raggiunse la portiera del passeggero e prima di aprirla sentenziò:
«Come invidio Biagi in questo momento»
«Perché?» le domandò De Luca seduto sul sedile.
«Perché a quest’ora sarei io a dormire sul mio comodo letto, invece che lui. Comunque mi sentirà appena lo becco» affermò sbattendo la portiera, mentre De Luca rise facendo fare la retromarcia alla Punto.



Il pub dell’hotel Berger era una noia mortale, se lo frequentavi tutti i giorni da due mesi a quella parte. Tutte le sere i clienti erano sempre la solita dozzina e la band che suonava era la stessa. Anna era esausta dall’assenza di sonno e dalla monotonia dell’ambiente. Quando partì l’ennesima canzoncina su una storia d’amore strappalacrime, Anna sbuffò e affermò guardando De Luca, che muoveva la testa a ritmo di musica:
«Che rottura di palle! Senti, finiamo queste birre e andiamocene, tanto è la solita solfa e io voglio dormire! Ah, sia chiaro! Io da domani non ci vengo! Ci verrai con Biagi, mentre io mi farò mettere nei turni del mercatino di Natale»
«Come mai?» le chiese corrugando la fronte con il boccale a mezz’aria.
«Ho voglia di fare qualcosa di diverso e soprattutto voglio dormire» si lamentò bevendo subito dopo la sua birra.
De Luca annuì con il riso fra le labbra e bisbigliò:
«Se sei felice così…»
«Felicissima!» esclamò riportandosi il bicchiere alla bocca.
Quando terminò la sua birra, Anna poggiò il boccale sul tavolino e diede un’ultima occhiata al pub. I presenti erano in prevalenza uomini, che chiacchieravano animatamente ridendo a squarcia gola, come stava facendo Andreas Gruber con il suo terzetto di amici, o giocavano a biliardo nell’appartato tavolo verde o ascoltavano la band con interesse, seduti nei tavolini davanti al palco, o se ne stavano semi stravaccati sul bancone a sorseggiare le loro bevande alcoliche, come Peter Gaus che teneva tutte e due le mani intorno al suo boccale di birra. Mentre le donne presenti erano cinque, oltre a lei e alla bionda cameriera che girovagava per il locale, ce ne era una con una massa di treccioline nere seduta davanti al bancone con un bicchiere panciuto in mano; un’altra muoveva la sua nuca rasata a ritmo di musica stretta in un abito di pelle nera e l’ultima bionda platino era avvinghiata con il corpo e la bocca ad un omone, che aveva tutte le braccia ricoperte di tatuaggi. Anna scosse la testa, batté la mano sul tavolino e alzandosi disse:
«Ne ho abbastanza! Me ne vado a dormire!»
De Luca bevve di corsa le ultime gocce di birra e seguì l’ispettrice Mainardi fuori dal pub.



Epilogo


Il mercatino di Natale di Bolzano aveva aperto da pochi giorni e una fiumana di persone si era riversata fra le sue bancarelle. Anna camminava in mezzo alle persone stretta nella sua divisa da poliziotta. Era la prima volta che prestava servizio ad un mercatino di Natale. Dopo gli innumerevoli attentati terroristici le misure di sicurezza per i grandi eventi erano aumentate così, da quando era cominciato questo avvenimento, Anna girovagava sbirciando le bancarelle e le persone accorse al mercatino assieme al giovane collega Christian Gatto. Anna sollevò per un frangente gli occhi al cielo, notando che il tramonto aveva lasciato spazio al blu scuro della notte senza una nuvola a infastidire la luna. Anna riportò di nuovo lo sguardo sulle bancarelle, nelle quali le luci calde facevano risaltare gli oggetti in vendita. Mantelli, berretti e pantofole di lana, personaggi del presepe e oggettini di legno, palline colorate o di vetro per gli abeti resero Anna sorridente. Degli schiamazzi assordanti la fecero ritornare seria e, dopo essersi accertata assieme al collega che si trattasse solo di ragazzi un po’ alticci, Anna voltò la testa verso la nuova bancarella, il cui contenuto la fece trasalire e accelerare i battiti cardiaci. Una serie di maschere di legno erano appese sul compensato della bancarella. Erano una serie di volti rugosi contratti in espressioni arcigne, gli occhi gialli e infossati e la bocca spalancata con i denti aguzzi. Alcune maschere avevano anche la lingua di fuori, ma tutte avevano sopra il capo lunghe corna come quelle dei caproni. Anna si paralizzò davanti a quella bancarella riconoscendo in quelle maschere il volto della bestia dei suoi incubi. Il giovane, accorgendosi della fermata dell’ispettrice, tornò indietro e lei gli domandò indicando con un dito quella serie di volti in legno:
«Sai che cosa sono?»
«Quelli…sono krampus – si fermò e, notando che l’ispettrice lo stava fissando con una richiesta di chiarimenti nello sguardo, le spiegò – I krampus sono le tipiche maschere che vengono utilizzate il 5 dicembre per la festa di San Nicolò. Alcuni del posto si travestono indossando queste maschere e delle pellicce di caprone. Poi vanno in giro per le strade con i loro campanacci a terrorizzare gli abitanti. Rappresenterebbero i diavoli che vennero sconfitti da San Nicolò»
Anna spalancò gli occhi e con il proseguire della descrizione da parte del giovane poliziotto giunse ad una certezza. Il suo serial killer vampiro, in realtà, amava uccidere le donne sotto le sembianze di un krampus. Anche quella volta i suoi incubi l’avrebbero instradata verso la risoluzione del caso. Con mani tremanti Anna afferrò il suo cellulare e fece partire la telefonata. Appena sentì il click della ricezione, ordinò decisa:
«De Luca! Ho fatto una scoperta sulle cinque ragazze! Devi metterti al lavoro con Biagi e scoprire chi abbia comprato maschere di krampus negli ultimi cinque anni e chi va in giro mascherato in quella maniera per la festa di San Nicolò. Forse, De Luca, ce la faremo a fermarlo quest’anno!»
Ci fu un attimo di silenzio prima che De Luca l’aggiornasse:
«Abbiamo appena ricevuto una denuncia di scomparsa di una giovane donna»
«Cazzo! – imprecò digrignando i denti e scuotendo la testa gli annunciò – Torno in ufficio! Manda subito un sostituto qui al mercatino. Non abbiamo tempo da perdere. Ogni secondo è prezioso!»
Anna buttò giù la chiamata e guardando il giovane poliziotto, che la scrutava incuriosito, gli disse:
«Sei stato molto utile, Gatto. E’ stato un vero piacere lavorare con te. Ora però devo incastrare il mio serial killer vampiro che in realtà è un krampus»



Il fascicolo era aperto davanti ad Anna, che lesse la descrizione della nuova scomparsa. Si trattava di Gioia Paris, nata il 7 marzo del 1992 a Roma, ma viveva da sei anni a Trento per studiare sociologia. Era venuta a Bolzano per il famoso mercatino il 29 novembre e alloggiava nell’albergo Berger. Dalla sera del 30 novembre non aveva più risposto ai messaggi della sorella minore, così i genitori si erano allarmati raggiungendo Bolzano il giorno seguente. Come negli altri casi del serial killer delle cinque donne, le cose di Gioia si erano volatilizzate dalla sua camera dell’albergo. Anna era incazzata perché aveva capito troppo tardi chi potesse essere l’assassino e ora aveva solo tre giorni, prima che la uccidesse a San Nicolò. Quel giovane viso allungato con gli occhi blu leggermente a mandorla e una massa di capelli stretti in tante treccioline le ricordavano vagamente qualcuno. Biagi entrò sospingendo la porta già aperta.
«Posso?!»
«Solo se hai notizie soddisfacenti»
«Credo che siano super soddisfacenti» affermò sedendosi con De Luca, che corse per essere aggiornato.
Anna guardò i due uomini, notando che entrambe avevano delle pesanti occhiaia per le lunghe ore di lavoro per evitare l’ennesimo omicidio del loro krampus assassino. Lei gli fece un cenno con il capo, così Biagi le espose le sue scoperte:
«Ho contattato tutti gli artigiani che producono le maschere di krampus e dopo aver letto e riletto le liste di nomi di clienti negli ultimi cinque anni ho riscontrato due nomi interessanti, che…»
De Luca lo interruppe esortandolo spazientito:
«Su! Dicci questi cazzo di nomi!»
Biagi sbuffò e mostrando l’elenco all’ispettrice disse:
«Ci sono i nomi di Simon Kostner e Peter Gaus»
Anna spalancò gli occhi, ricordandosi la sensazione che aveva provato quando aveva guardato l’uomo, e soprattutto ora si rammentava dove aveva visto il viso di Gioia Paris. L’ultima volta, che era stata al pub, la ragazza era seduta davanti al bancone poco lontano da Peter Gaus. Il suo istinto e i suoi incubi non si sbagliavano mai. Anna balzò in piedi e affermò:
«Forza! Andiamo a fermarlo e strada facendo avviseremo il PM»
L’ispettrice Mainardi e i due uomini corsero fuori a fermare il loro assassino.



Il freddo era opprimente. Gioia era nuda e tremava convulsamente. I denti sbattevano furiosamente, tanto da far fuoriuscire il sangue caldo delle labbra. Le lacrime l’avevano abbandonata da tempo, se ne avesse versate delle altre probabilmente le avrebbero ghiacciato ulteriormente il viso. Era stanca. Non avrebbe mai pensato che una serata tranquilla a chiacchierare in un pub con un uomo buono e gentile si sarebbe rivelata un incubo, che la tormentava da giorni, anche se per lei sembravano decenni. Un’altra ventata ghiacciata la investì portandola a desiderare di morire all’istante, invece di continuare a tremare. Una porta sbatté e il suono di un campanaccio le fece battere il cuore alla follia. Quei rintocchi erano diventati un incubo per lei. Gioia iniziò ad agitarsi sulla sedia, in cui mani e piedi erano legati. Il rumore del campanaccio si avvicinò, poi si arrestò e davanti a lei apparve il mostro che la tormentava. Era altissimo con indosso una pelliccia grigia e sul volto aveva una maschera rugosa con denti aguzzi e occhi terrificanti. Gioia urlò e quel mostro le piombò addosso. La sedia cadde sul pavimento di cemento e lei sbatté la testa. Gioia strinse le palpebre per il dolore dietro alla nuca, mentre lui la slegava con le sue grosse mani inguantate. La sdraiò sul pavimento freddo e dopo pochi istanti la penetrò con una violenza tale da farle ritornare le lacrime. Gioia pianse e desiderò con tutto il cuore che quell’agonia si interrompesse. Ormai non credeva più che qualcuno la potesse salvare. Era rassegnata e voleva con tutta se stessa morire. All’improvviso si sentì uno schianto e le urla di uomini. Il mostro balzò in piedi con un agile salto e sollevò le mani verso l’alto. Gioia si rannicchiò mettendosi in posizione fetale abbracciandosi le gambe, mentre una poliziotta con gli occhi cerulei corse da lei e le accarezzò le sgualcite treccioline rassicurandola con voce gentile:
«Tranquilla, Gioia. E’ tutto finito. Ora ci sono io a prendermi cura di te»
Anna si spogliò del giubbotto della divisa e coprì il corpo nudo della ragazza, che pianse disperatamente.



Il PM Gerardo Bossio era seduto dietro la sua imponente scrivania. Anna si sedette davanti a lui, imitata da De Luca.
«Allora, Mainardi, mi relazioni sulla vostra irruzione nella stalla di proprietà di Peter Gaus?»
Anna si schiarì la gola e raccontò con voce ferma:
«Abbiamo accerchiato la struttura e assieme al reparto speciale abbiamo fatto irruzione. Il sospettato si era avventato sulla vittima, quindi era impossibilitato a reagire e l’abbiamo neutralizzato senza sforzi»
De Luca intervenne con troppa schiettezza:
«Insomma, dottore, aveva la pendola di fuori»
Bossio ridusse a due fessure gli occhi rivolti verso il poliziotto e tornando a guardare la donna le domandò:
«Secondo lei, Mainardi, perché per cinque anni ha ucciso in questa maniera quelle cinque donne?»
«Veramente non ha ucciso solo loro…L’anno prima aveva strangolato anche la moglie»
«Si spieghi meglio, Mainardi» la incoraggiò poggiando i gomiti sulla scrivania per congiungere le mani.
Anna inspirò ed espirò; poi gli disse quello che dai vari riscontri aveva supposto:
«Nel marzo del 2011 Gaus, approfittando dell’assenza del figlio, ha ucciso la moglie. Cora Mann aveva intrecciato una relazione con il fidanzato storico e da tempo insisteva per divorziare da lui, ma Gaus non aveva nessuna intenzione di accontentarla. Quel giorno litigarono come di consuetudine e, secondo me e i colleghi tedeschi, l’ha strangolata per la furia del momento. E in qualche modo deve aver fatto sparire il cadavere, anche se lui non ha risposto su questo omicidio»
«E degli altri cinque invece che cosa ha detto?» le chiese contraendo il viso in un’espressione di interesse.
«Ha risposto che l’ha trattate come devono essere trattate le donne. Per lui le donne sono tutte puttane, come sua madre. Con il tradimento di Cora deve essere scattato in lui quell’odio che riversava verso la madre. Come ci aveva raccontato Nora Gaus, si era prostituita anche dopo la nascita del figlio e lui deve aver visto qualcosa, che ha poi compromesso la sua visione nei confronti delle donne»
Bossio si mosse per poggiare la schiena sulla spalliera della sedia e suppose:
«Quindi quell’uomo aveva un rituale specifico con un senso logico durante gli omicidi»
«Sì – rispose annuendo con il capo e espose quello che poi le perizie psicologiche avrebbero rivelato con precisione – Gaus ha compiuto questi omicidi il 5 dicembre perché era l’unico giorno in cui si è sempre sentito un uomo. Kostner era un appassionato di krampus e, quando lo prese sotto la sua ala protettrice, lo portò sempre con sé per San Nicolò, quindi quel giorno era importante per lui perché lo condivideva con una persona che lo capiva veramente – si interruppe per deglutire e poi riprese la spiegazione – La scelta delle sue vittime avveniva nell’unico posto, in cui trascorreva il suo tempo libero, ovvero il pub dell’hotel Berger. Erano sempre donne buone che cercavano di consolare la sua espressione pensierosa e triste. Poi le rapiva narcotizzandole, così aveva il tempo per salire nella camera, dove alloggiavano, per far sparire le loro cose. Con il suo furgone raggiungeva la vecchia stalla in disuso, le spogliava e le violentava una prima volta quando erano ancora incoscienti. Il giorno successivo iniziava il rituale di terrore, oserei definirlo. Le raggiungeva travestito da krampus e se ne approfittava di loro, come purtroppo abbiamo colto in fragrante. Il passaggio successivo era il momento più importante per lui. Le faceva sopravvivere fino al 5 dicembre dove, dopo l’ennesima violenza, le strangolava. Adesso…»
Si interruppe un secondo e De Luca le chiese avendo sentito la voce tremare per la rabbia:
«Continuo io?»
Anna scosse la testa e fissando il PM affermò:
«E’ una pratica che giusto un…serial killer può pensare…Insomma dopo averle strangolate praticava due buchi sulla carotide utilizzando un forcone da cucina e le appendeva a testa in giù permettendo al sangue di colare prima del rigor mortis e il conseguente livor mortis»
Bossio sgranò gli occhi e domandò:
«Perché faceva questo? Non gli bastava averle strangolate?!»
«No – rispose secca e con una tonalità di voce furiosa gli disse – Per lui le donne erano delle puttane e sanguisughe, che prosciugavano le forze degli uomini. Le svuotava, mi passi il termine, del loro sangue, così senza il loro sangue non avrebbero più potuto fare le sanguisughe.»
«Oh, mio Dio!» esclamò il PM.
«Già! E’ quello che ho pensato io, quando ci ha spiegato tutto il suo iter omicida» ammise Anna con gli occhi cerulei brillanti per la rabbia.
De Luca si intromise dicendo:
«Non l’avrei mai creduto capace di una cosa del genere. So solo che sono contento che l’abbiamo arrestato»
«Anch’io» affermò in un sospiro Anna.
Era contenta che quel serial killer travestito da krampus fosse dietro alle sbarre. Finalmente quelle povere donne erano state giustiziate. Le dispiaceva enormemente per Gioia Paris, ma con il tempo e un bravo psicologo avrebbe potuto condurre una vita piuttosto tranquilla.
Terminate le procedure con il PM, Anna tornò nel suo appartamento. Si infilò sotto il getto dell’acqua calda per sospendere per qualche secondo le parole orribili pronunciate da Peter Gaus. Era sempre un trauma avere a che fare con un serial killer di quel tipo. Anna sospirò uscendo dalla doccia e dopo aver indossato il pigiama si coricò sul suo letto. Dopo i mesi, in cui la bestia aveva tormentato i suoi sogni, avrebbe tentato di fare una bella dormita, consapevole che il suo istinto e i suoi incubi sarebbero tornati per risolvere altri casi.


Fine ©

1 Chi è?

2 Polizia

3 Quella merda

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